fuga dalla babele della storia. “Lo Scriba di Càsole” di Raffaele Gorgoni


raffaelegorgoni_loscribadicasole1. Il romanzo narra la vicenda di Marco, figlio di ricchi mercanti, avviato alla vita monastica del convento di Casole dai genitori, ad Otranto. L’evento del martirio di Otranto declina la vicenda facendo da spartiacque temporale ed ideale, su questo evento si concentreranno le riflessioni del protagonista, diviso tra l’amore per la cultura ed il mondo della scrittura e le lotte politiche che si avvicendano attorno ad una penisola minacciata più dall’indifferenza dei potenti che dalle forze ostili al di là del Mediterraneo. La vita di Marco, nel convento, comincia all’insegna della regola, che per lui è unione di lavoro manuale e studio sui testi, pratica della scrittura, decifrazione. Otranto, è in quel tempo un’isola greca, un’isola felice il concento di Casole, almeno così sembra a Marco. Nella prima parte del romanzo assistiamo alla presentazione di una serie di ‘condizione antropologiche’ necessarie a trasmetterci la cultura di quel tempo, condizioni che ancora oggi si possono rintracciare nei racconti ancora vivi, racconti di macarie e tarantate, visti con il filtro dell’epoca in cui si svolge il romanzo e quindi carichi di significati magici, connessi anche al loro essere contrapposti alla religiosità ufficiale. In questa parte della narrazione si concentra l’apprendistato che trasformerà Marco da novizio a uomo. Grazie alla sua cultura il protagonista ha modo di mettersi in luce di fronte a Bessarione, un cardinale. Comincia qui il suo periodo di viaggi attraverso l’Italia e l’Europa. Le considerazioni sulla cultura e sulla lingua, le disquisizioni sulla ‘babele delle lingue’ e sulla ‘babele religiosa’ cedono il passo all’inferno delle babele politica. Marco ha fino a questo momento assorbito il meglio delle culture del suo tempo, ebraica e araba, cristiana e greca. Adesso deve fare i conti con la politica, fatta di sottili equilibri, dove l’operazione di trascrizione dei manoscritti e di trasmissione della cultura diventa anche esso un fattore di rischio per la vita del Monastero.
Un modo di affrontare un mito senza farsene risucchiare è cartesiano, scomporre il mito in ogni sua parte, presentarne tutte le sfaccettature fino a renderlo vicino alla nostra comprensione, analizzando i fattori, presentando le condizioni nelle quali il mito si è svolto, spiegarne gli antecedenti, infine giungere ad una descrizione, in una pagina, di quel che è accaduto e ricomporlo. In questo modo il mito del martirio viene presentato come risultante dell’attrito tra cultura araba e cultura cristiana, come abbandono al loro destino dei martiri da parte delle autorità. In questo romanzo il mito viene vissuto sulla propria pelle dal protagonista che si sente ‘portatore di una memoria’ cioè testimone del mito . In alcuni passaggi viene descritto l’arrivo dei Turchi a Otranto, i soldati cominciano ad accamparsi, e costruiscono il loro assedio nella tranquillità più completa, tanto da credere che gli ‘otrantini’ stiano preparando un’imboscata. Poi il passaggio alla fase dell’assedio vero e proprio e breve, e le lame delle spade turche escono vittoriose. Marco si salva da un agguato, fugge nella boscaglia, per poi tornare al suo convento, che troverà rogo, in serata; sarà costretto a dare il suo addio a Otranto.

“La distruzione di Càsole fu generata da una ben calcolata macchinazione politica e così la strage dei miei confratelli. Per gli otrantini che morirono in battaglia non resta che la gloria e l’onore, ma per tutti quelli che si fecero massacrare sul Colle della Minerva porto ancopra oggi nel cuore il peso di un mistero, il piombo di una sorta di follia”

Di fronte alle componenti puramente storiche dell’accaduto restiamo in sospeso, il protagonista non è voce d’autore onnisciente, e prende posizione contro ogni guerra, ogni eccidio.
Da qui in poi la vicenda prende un altro respiro, Marco continua a ribadire a se stesso e al mondo che la vicenda non può essere ‘solo’ una vicenda politica, egli viaggia per l’Italia ed ha modo di conoscere il fior fiore della cultura di quel periodo, sulle prime battute ha già un ricordo di una sua visita nella bottega dei Bellini, in seguito alloggerà presso i Medici, presso le scuole neoplatiniche, con Marsilio Ficino e Niccolò, che diventerà suo segretario prima di divenire in seguito Niccolo Machiavelli, senza dimenticare che il romanzo, prima di prendere il largo della vicenda, ha il suo prestesto iniziale in una lettera che il protagonista scrive ad Aldo Manuzio. In questo modo la scrittura acquista valore non tanto per il fatto che alcuni protagonisti siano persone importanti del tempo, quanto per il fatto di rendere ‘moderno’ il mito, di metterlo in dialogo con le idee di allora e di oggi, forse per questo motivo l’esperimento mi sembra riuscito, perché non risulta affettato. Le tematiche presenti nel romanzo sono diverse, c’è ad esempio il conflitto tra mondo arabo e mondo cristiano. L’autore sostiene l’idea secondo cui dietro le guerre mosse da principi religiosi esistono sempre motivazioni politiche, e che di fronte all’amore per la scrittura tutti sono uguali. Quest’idea, calata sulla vicenda di Otranto si carica di contemporaneità.

“Empietà dell’Islam? Empietà dell’Islam, dite, messer Marco? Forse avete dimenticato le pagine delle Gesta Dei per Francos, gli orrori narrati da Fulcherio:stupri, omicidi, stragi, saccheggi […]

“Tutti furono spinti sulla radura alla sommità del Colle della Minerva dove su un palco, circondato dalle sue guardie, c’era Ahmed Pascià e un altro che mi parve abbigliato come un ulema. Quest’ultimo parlava e parlava ma la distanza era troppa perché potessi capire le parole […] Un tappeto di corpi si stendeva ai piedi del palco, intorno a una pietra che brillava rossa di sangue ancora fresco”

2. Cosa resta dopo la lettura di questo romanzo? “Lo Scriba di Càsole” è un esempio di romanzo storico nel quale la materia non è appesantita e la narrazione scorrevole. Chi cerchi però nella lettura di questo romanzo un spunto per chiarire storicamente le vicende di Otranto devia dal bersaglio dell’Autore, che, a mio parere, non è stato quello di proporre l’ennesima ‘versione dei fatti’, anzi, questo romanzo si rivela, alla fine della lettura, interessante, proprio perché il sottotitolo ‘Il segreto di Otranto’, sembra essere più una chiarificazione redazionale, mi si passi il termine; nel senso che le parti più coinvolgenti ed anche portanti, sono proprio quelle relative alle macchinazioni politiche, agli incontri diplomatici, allo scambio di pareri sulla cultura e la vita del tempo. Del segreto di Otranto, resta forse svelato come la città idruntina fosse stata passibile di un dramma simile senza alcuna resistenza. Ed anche in questo caso è meglio affidarsi alla narrazione che riesce a dipingere bene delle scene come quella che si svolge nella Cattedrale, dove tutti i fedeli, di ogni confessione contraria alla turca, ebrei, greci, cristiani romani, preferiscono attendere la morte raccogliendosi in preghiera. La Cattedrale è oggetto di descrizione, immancabile, del mosaico sul quale il protagonista bambino gioca. L’equilibrio è sottile, questo romanzo riesce a staccarsi dai clichè di cui è intriso l’immaginario collettivo idruntino gravitando il centro dell’attenzione altrove, nel momento giusto, facendoci intuire altri possibili sviluppi, dicendoci in sostanza che questo non è un romanzo su Otranto ma una metafora storica dei rapporti/conflitti tra culture, tra classico (la scrittura amanuense, la gerarchia dei saperi, i libri proibiti) e moderno (le opere consultabili, le biblioteche che si accrescono, la stampa a caratteri mobili) chiusa in una vicenda ben narrata, tanto è vero che leggendo questo romanzo restano insolute alcune domande, che il protagonista porta via con sé.

Lo Scriba di Càsole – Besa Editrice
Giugno 04 – Euro 13,00 – ISBN 88-497-0248-5